MASSIMO CAVALLI

Massimo Cavalli (Locarno 1930)

Trascorre a Bellinzona infanzia e adolescenza. Dal 1949 al 1954 si forma a Milano, all’Accademia di Brera, sotto la guida di Aldo Carpi, il cui assistente Italo Valenti ne apprezza le qualità. Le prime esposizioni personali si tengono in Ticino: nel 1957 al Circolo di cultura di Bellinzona, presentata da Giorgio Orelli; nel 1959 alla galleria del Negromante di Locarno, con presentazione di Virgilio Gilardoni. Dal 1960 al 1961 soggiorna all’Istituto svizzero di Roma; dal 1962 al 1980 ha il suo studio a Milano dove espone al Salone dell’Annunciata (1963) e alla Galleria del Milione (1967) – gli spazi che privilegiano la pittura informale. Vive di continuo il pendolarismo fra Milano e il Canton Ticino che negli Seite 1/4, http://www.sikart.ch anni ’60 gli riserva non poche amarezze per la committenza negata. Fra il 1965 e 1968 esegue alcune pitture murali per degli edifici pubblici in Ticino e undici vetrate per la Chiesa cristiana protestante di Milano. Dal 1974 al 1992 è insegnante di incisione presso il Centro scolastico industrie artistiche (CSIA) di Lugano. La sua ricca produzione grafica, tirata nell’Atelier Upiglio di Milano, è pubblicata dalle Edizioni Scheiwiller. Un fondo di suoi dipinti e stampe – presentato al Musée Jenisch a Vevey – è disposto in permanenza al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona dal 1996. Capacità di sintesi e controllo mentale esercitati sull’immagine corrispondono a un’attitudine specifica della poetica di Cavalli, pittoreincisore bilingue. Il percorso resistente compiuto dall’artista, teso alla lucida definizione dell’immagine nel solco informale, si riassume in una risposta colta alla vitalità dell’istinto. Padronanza dello stile e controllo dell’emozione conferiscono un’originale tenuta all’immagine approntata dall’artista in linea evolutiva. Cavalli prende le mosse dall’esperienza del naturalismo informale di Ennio Morlotti, si interessa alla pittura di Gianfranco Fasce ma individua la sua sigla nelle esperienze di Nicholas De Staël, Jean Fautrier, Roger Bissière, Hans Hartung. L’immagine astratta di Cavalli, costruita nel dialogo fra pittura e incisione, rispecchia una compiuta identità fra tema e struttura: si dispone per suite sulla verticale e procede nel tempo per levare, alla ricerca di una misura essenziale, di speciale rigore formale – in costante perdita del suo referente naturale iniziale. A partire dagli anni ’80, in crescendo di lucidità, l’immagine frontale di Cavalli conosce una scrittura incisiva del segno; nella sua tonalità e colore in nero trova una magra consistenza materica; conferma infine la stretta connessione esistente fra i diversi linguaggi, insieme autonomi e correlati. Ora il discorso dell’artista si rispecchia nella figura retorica dell’ossimoro: che coniuga l’estrema differenza in immagini speculari: liriche/aspre, liquide/affilate; in neroluce, di segno inciso o dipinto. L’immagine spoglia di Cavalli, articolata in uno spazio mentale, ricompone il dissidio fra sottile vibrazione e forte impressione del segno.

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